Devo dire che non mi piace dover difedere così a lungo una posizione “di un altro”, che potebbe difendersi benissimo da sé.
Comunque dirò alcune cose valide anche “in generale”.
Noi (l'uomo in generale) siamo sempre pronti a fare classificazioni e a considerare “l'altro” diverso e inferiore, perché è nero, perché è pisano, perché è meridionale, perché non ha studiato, perché è dell'inter, perché è una donna (o un uomo), perché non sa il latino, perché non ha partecipato alla cogestione, perché non è di destra (di sinistra), perché è un professore, perché ...
e con mille scuse escludiamo gli altri, che, “si sa”, non pagano le tasse, non studiano, non sono puntuali, rubano, non sono seri, copiano, ...
sì, gli altri. Ma forse non abbiamo mai considerato abbastanza che noi siamo “gli altri” degli altri”, e ceh quello che pensiamo degli altri probabilmente dovrebbe valere anceh per noi ... oppure che probabilimente non vale nemmeno per gli altri.
Immaginatevi se io dovessi considerare di promuovere la crescita solo degli alunni “seri” (che studiano, non copiano, sono sinceri, ecc.), valutandoli col metodo di cui sopra ... beh, credo che allora sarebbe vero quello che la gente dice dei professori: che non fanno nulla.
Voglio dire che si esalta la parzialità della cogestione.
Poi mi sembra che continuiate a pensare che chi vuole cambiare la scuola sono tutti e soli quelli che hanno fatto la cogestione.
Io, invece, penso sia che fra i “cogestori” ci siano anche persone che hanno semplicemente scelto di non fare lezione,
sia che ci sono persone che realmente vogliono cambiare in meglio la scuola, anche fra coloro che sono contratri alla cogestione per principio (per esempio io) e fra chi è favorevole a molti punti della legge Gelmini.
Non fatevi ingannare dal chiasso: quasi tutti gli anni ci sono state frotte di studenti che hanno “manifestato”, occupato, sciperato, ecc., ma che tutti costoro abbiano davvero avuto a cuore le sorti della didattica ... beh, non lo credo davvero.
Ripeto: Emanuele il primo giorno iniziò l'assemblea con la sua classe, ma poi andò a fare “studio assistito” perché, mi disse, che non lo lasciavano parlare.
Conoscendolo non ho alun motivo di dubitarne.
lo accompagnai io, ma, mentre ci si andava, gli suggerii di provare a cambiare classe, proponendogli la 5^A. Lui acconsentì (ovviamente se non si fosse trovato bene sarebbe tornato allo studio assistito) e poi, dopo essere stato con la quinta, è tornato nella sua classe.
Per lui nella sua classe non fu facile parlare, come credo che non lo sia stato neppure per Federica, né per altri ... MA LA STORIA LA FANNO I VINCITORI, e queste cose, ancorché risapute, non si dicono, si lascia che “si perdano”.
QUOTE (Mê®ÇÜZ!س @ 12/11/2008, 10:57)
...Devo darle ragione: si è sempre impegnata a vivere la scuola in modo "non scolastico", ma ciò che traspariva era che lo facesse solo per un fatto puramente "estetico", senza una precisa cognizione di causa. ...
(devo dire che inizialmente pensavo che tu parlassi di me ... il “lei” è oggettivamente poco funzionale.) È davvero difficile sapere le motivazioni per cui uno fa una cosa, e si va su un tipo di valutazioni “delicate”;
io in genere, quando mi trovo a che fare con persone, situazioni o atteggiamenti che “non mi piacciono, ma senza niente di concreto, cerco di “non buttare via tutto”; e molto spesso mi sono trovato ad apprezzare “la sostanza” della cosa (per esempio in questa coestione).
Vi invito a fare altrettanto con Federica.
Poi molte cose non le so, per sempio non avevo la più pallida idea di quello che c'è fra te (Nicolò) e il Betti (pensa che non so neppure chi è la sua ragazza).
Cercate comunque di sapere quello che bolle “in commissione” e fate presente le vostre istanze ai vostri rappresentanti: la scuola va cambiata, e non ci si deve fermare per “banali” giudizi.